Ott 21, 2006
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Trenta grandi brani degli anni Sessanta

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Stavolta Claudio Baglioni ha voluto fare le cose in grande e ha fatto centro. Una presentazione singolare per il suo nuovo album "Quegli degli altri – Tutti Qui". L’orchestra di Roma Sinfonietta, 25 elementi, ad accompagnarlo in questo viaggio. In prima fila ad applaudirlo commossa anche sua madre Silvia: «Temevo che steccasse, ma c’ha un gran voce». Baglioni ha eseguito dal vivo i trenta brani di grandi firme che hanno scritto la storia della musica italiana degli anni’60: "Io che non vivo", "Vedrai Vedrai", "Se non avessi più te", "Il nostro concerto" e che al Forum Village, nella capitale, hanno travolto il pubblico e confermato il talento di un artista che dopo 35 anni di carriera ancora voglia di mettersi in gioco. Le riprese tv potrebbero aggiungere al cd un dvd, previsto per il periodo natalizio. Baglioni debutterà con la sua nuova tournée da Rieti il 30 ottobre e approderà a Roma il 19, 20, 21 dicembre.

«Queste sono le canzoni che ascoltavo e amavo prima di cominciare a fare musica e anzi- spiega – credo di aver iniziato a scrivere canzoni solo quando ho cominciato a superare l’invidia di questi grandi autori. Brani che esprimono una libertà creativa e compositiva altissima e una scrittura molto meno schematizzata di quella di oggi». Il concerto si è sciolto con "Il nostro concerto", omaggio a Bindi. «Umberto è un autore fantastico, forse il piu preparato. Rileggendo le sue partiture – sottolinea Baglioni- c’è tanto da imparare. È curioso che l’Italia l’abbia penalizzato per la sua diversità. Peccato perché la sua canzone è rimasta nei miei pensieri».

Poi "Non arrossire", omaggio a Giorgio Gaber e "Il mio mondo", "Una lacrima sul viso". Tra una canzone e l’altra Baglioni, ricorda il suo esordio: «Gli anni ’60 costituiscono la decade piu forte per la canzone italiana. Brani corti e immediati dotati di una carica straordinaria e di una forza impressiva senza confronto» aggiunge il cantautore intonando "Amore che vieni, amore che vai" di Fabrizio De Andrè. In "Cinque minuti e poi" l’artista si confronta, commosso, con una dura realtà: quella del successo di un brano. «È proprio verò, in cinque minuti è rinchiuso il destino di una canzone», spiega Claudio. «Questi brani del disco – continua – sono l’ultima vera antologia italiana, prima del prepotente avvento del pop internazionale e della successiva omologazione a canoni espressivi e produttivi di matrice anglosassone».

Accattivante l’interpretazione in "Che cosa c’è", "Emozioni", "Lontano, Lontano", "Se telefonando", "Nel blu dipinto di blu", "Io che amo solo te", "Arrivederci" «Nessuno sa da dove arrivi. Né da dove, ne come né perché. Tutti però, la sentiamo scendere di noi fino a profondità inimmaginabili e una volta, lì, la sappiamo capace di compiere prodigi per chiunque altro impensabili. È la musica», conclude Baglioni. «La lingua più alta. Probabilmente l’unica che ci consente di appoggiare l’orecchio al petto del tempo e percepire il flebile pulsare dell’infinito».

Fonte: www.iltempo.it

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